Pubblichiamo un estratto dal libro “Trauma Recovery – You are a Winner” della dottoressa Svetlana Masgutova che illustra in modo molto chiaro come il metodo Brain Gym sia stato fondamentale nel suo lavoro di elaborazione del trauma con un gruppo di bambini coinvolti in un incidente ferroviario nella ex Unione Sovietica nel 1989.
“Sono certa che la natura ci abbia programmati per sopravvivere, e che il potere dei metodi di sopravvivenza naturali possa essere utilizzato per risvegliare la speranza in quanti si trovano sotto stress. A Ufa (cittadina degli Urali presso il cui ospedale furono ricoverati i bambini sopravvissuti a un terribile incidente ferroviario del 1989, con i quali la dottoressa Masgutova ha lavorato e cui fa riferimento l’autrice nel testo. N.d.T.) ho scoperto che aggiungere movimenti evolutivi velocizza e arricchisce il processo di recupero. Ad esempio, i movimenti omologhi (come il disegno a specchio del Brain Gym®) migliorano la coordinazione fisica ed emotiva. I bambini battono le mani naturalmente quando sono felici. Quando hanno paura, agitano entrambe la mani selvaggiamente per aria. Questi movimenti delle mani, separati eppure simmetrici, consentono al cervello di attivarsi uscendo dal tronco e spostandosi nella corteccia. Ciascun emisfero è capace di ristabilire i collegamenti di comunicazione interni, preparandosi all’azione. L’attività cerebrale comincia a muoversi indipendentemente eppure simultaneamente negli emisferi, sinistro e destro, e questo serve come base per la successiva comunicazione integrata nella corteccia. Solo allora possiamo essere pronti a interpretare il trauma in maniera completa e obiettiva.
Ho utilizzato la saggezza del naturale movimento corporeo per dare ai bambini una nuova prospettiva dalla quale ricordare gli incendi. I movimenti omologhi sono stati eccezionalmente utili per aiutarli a spostarsi dai ricordi del passato alla realtà dell’ ‘ora’.
I bambini hanno utilizzato questi movimenti per liberarsi della paura del fuoco, facendo finta di saltare su un falò con entrambi i piedi oppure di spegnerlo con entrambe le mani. L’esperienza di battere entrambe le mani per spegnere il fuoco ha anch’essa consentito ai bambini di ripercorrere la forza dei movimenti omologhi.
Per la stessa ragione, ho voluto che i bambini disegnassero tutte le loro immagini del fuoco con le due mani contemporaneamente, utilizzando l’attività del disegno a specchio. Per i bambini, esprimere i pensieri e sentimenti mentre disegnavano, ha creato un ponte fra il passato e il momento presente. Mentre si muovevano in questo modo, raccontavano storie fantasiose con rabbia, poi con serietà, e poi ridendo. (Mentre entravano in contatto con la loro rabbia, non era permesso alcuno strillo o grido, perché questi suoni erano stati espressi nei primi giorni e li avrebbero solo riportati indietro al passato.)
I bambini disegnavano tutti i giorni usando entrambe le mani contemporaneamente o, se avevano una sola mano, disegnavano con quella, immaginando di ‘farlo con tutte e due’. Se disegnavano ritratti delle persone care, erano incoraggiati ad allontanare il pensiero dei cari periti nell’incidente. Il momento di affrontare questi ricordi sarebbe venuto più avanti, quando sarebbero stati in grado di vedere queste verità da una posizione di sicurezza interiore.
Questi giovani pazienti amavano i movimenti omologhi e vi si riferivano definendoli il ‘viaggio dell’arcobaleno’. Creavano arcobaleni nell’aria, prima cominciando con entrambe le mani sopra di loro e congiungendole al centro; poi muovevano le mani in direzioni opposte, creando un arco. Alcuni bambini dovevano immaginare questo movimento, perché non potevano muoversi a causa della gravità delle loro ustioni. Ripetendo più e più volte questa attività, immaginavano e parlavano dei diversi colori dell’arcobaleno. Io suggerivo il colore rosso, che i bambini associavano al fuoco, solo per ultimo e se i bambini si mostravano pronti per affrontarlo. Tutti gli altri colori erano usati per portare sicurezza al colore rosso.
I bambini spesso ripetevano i movimenti dell’arcobaleno a velocità diverse e con diversi colori e suoni, come pure con storie sulla forza e la saggezza e sull’essere vittoriosi. Spesso, quando entravo in una stanza per lavorare con un gruppo di bambini, li trovavo che si raccontavano l’un l’altro le storie dell’arcobaleno e creavano gli arcobaleni nella miglior forma per loro possibile. Sembravano sapere istintivamente che questo semplice movimento dello sviluppo era la chiave per la loro guarigione, perché facevano un uso ripetuto e spontaneo dei movimenti.
Formavano gli arcobaleni con entrambe le mani movendosi verso l’esterno dal centro; poi si muovevano dall’esterno e tornavano indietro verso il centro. Invece di rimanere bloccati in una modalità protratta di protezione e difesa, spostavano la loro visione periferica verso l’esperienza di una centralizzazione rilassata. Se si è subito un trauma, la visione periferica può trovarsi in iper-vigilanza come forma di protezione. Quando il sistema visivo è troppo utilizzato in questo modo a causa di uno stato di difesa perpetua, diventa esausto e inefficiente. Creare l’arcobaleno con entrambe la mani in maniera giocosa consente agli occhi di liberarsi finalmente dalla posizione iper-protettiva, creando una acuità visiva più rilassata e centralizzata. Nel caso dei bambini di Ufa, questo stato visivo rilassato li avrebbe aiutati in seguito a migliorare le abilità legate alla lettura quando fossero tornati a scuola.
Il nostro lavoro col movimento consentiva anche a i bambini di sviluppare ed espandere il senso del loro posto nel tempo e nello spazio. Si muovevano con entrambe le mani mentre stavano in piedi, seduti, e sdraiati. Questi movimenti li preparavano fisicamente ad essere in grado di esplorare diversi livelli di equilibrio e stabilità con un senso di sicurezza e gioco. Infine, ‘camminavano’ attraverso gli arcobaleni e raccontavano storie l’uno all’altro, che consentivano loro di entrare in movimenti di sviluppo più avanzati di tipo contro-laterale. Alcuni facevano i movimenti crociati sull’arcobaleno, raccontando storie buffe mentre si muovevano. Io allora presentavo combinazioni di movimenti, offrendo nuove sfide ad alcuni e un sollievo comico ad altri quando facevo ‘errori stupidi’. Fare i movimenti crociati con una varietà di canzoni rappresentava sia una sfida che un divertimento. Alcuni bambini in realtà ritrovavano la capacità di ridere in cinque giorni, mentre altri impiegavano un mese per riscoprirla. Spesso la risata diventava una valvola di sfogo grazie alla quale potevano arrivare poi il pianto e le urla.
Anche i movimenti dell’otto dell’infinito creavano una veloce auto-educazione sia della mente che del corpo. Gli occhi dei bambini imparavano di nuovo a sentirsi sicuri guardando in tutte le direzioni. Più avanti, i bambini usavano gli otto dell’alfabeto quando scrivevano. Cominciavano esercitandosi con le singole lettere negli otto dell’infinito sulla carta, e poi scrivevano un messaggio come ‘io mi amo’ usando questo movimento di Brain Gym. Si eccitavano talmente per questo risultato che completavano la pratica abbracciandosi. Infine, usavano la stessa procedura per scrivere ogni lettera delle frasi del loro messaggio, dicendo ‘io sono un vincitore‘ oppure ‘io sono forte/sto guarendo/ sto recuperando/sto sviluppandomi’.”
Estratto dal volume “Trauma Recovery – You are a winner”, di Svetlana Masgutova Ph.D. & Pamela Curlee, 2004. Cap 11: Two-handed rainbows. Tradotto e adattato da A. Corrias.